Accolti calorosamente alla Fattoria Zerbina, insieme a un gruppo di amici che ha contribuito a dar vita all'evento "Romagna Sangiovese: viaggio fra sottozone", abbiamo vissuto una splendida giornata. Tra i filari, abbiamo esplorato il mondo del sangiovese (e dell'albana), scoprendo curiosità di 16 cloni diversi, i vantaggi dell'allevamento ad alberello e le sfide poste dai cambiamenti climatici. Dai discorsi sulle scelte agronomiche alle riflessioni sui mutamenti stilistici dei vini romagnoli, passando per le difficoltà nel reperire manodopera e le opportunità offerte dalla conversione al biologico, non è mancato un tema. Un viaggio affascinante, dagli albori dell'azienda fino alle ultime novità, che ci ha regalato spunti davvero notevoli. L'ospitalità impeccabile, la profonda conoscenza di Cristina e la degustazione di gemme enologiche come Tergeno 2004, un vero e proprio capolavoro (in forma straordinaria) hanno reso questa giornata un'esperienza memorabile. E per concludere in bellezza, un pranzo romagnolo - presso il ristorante "il Tartufo" di Bellini Omero - da leccarsi i baffi ha deliziato i nostri palati
Cristina Geminiani fa parte di quelle persone il cui spessore, umano e professionale, è percettibile immediatamente, dopo poche battute. Una personalità che si riflette nella qualità eccezionale dei suoi vini. Dopo tutto i vini di Fattoria Zerbina sono come dei figli, voluti, cresciuti, educati, plasmati con sacrificio, per la ricerca del miglior futuro. Una filosofia stilistica conseguita con perseveranza, determinazione e lungimiranza: eleganti, puliti, in grado di evolvere nel tempo, capaci di sfidare la contemporaneità, talvolta anche i cambiamenti in linea col mercato. L’obiettivo è quello, per Cristina - mi permetto di riassumere - di potersi riconoscere e allo stesso tempo raccontare uno scorcio aziendale, in ogni calice. Storie, appezzamenti, cloni, suoli. I vini della Zerbina parlano sopratutto di territorio. Cosa non scontata, mai, a mio avviso.
Tutto ciò avviene a Marzeno, la più piccola delle 16 sottozone di Romagna, che prende il nome dall’omonimo torrente che attraversa questa vallata. Altitudine fra 90 e 150 metri sul livello del mare. Il colle attorniato da vigneti affaccia su Faenza da un lato e dall’altra guarda l’Appennino tosco-romagnolo. I suoli sono argillosi: rossi nella parte più bassa della valle, bruni-grigi e calcarei nelle pendici più alte, vicino alla linea dei calanchi.
Dal 1987, anno di nascita del Marzeno di Marzeno (oggi Marzieno), fino all'ultimo nato, il Poggio Vicchio: fruttato, immmediato, di beva notevole, intrigante per tipologia. Un percorso che racconta l'evoluzione di un territorio, di un vitigno e di una filosofia produttiva. Ma torniamo a ciò che vorrei raccontare ora, ovvero Marzieno IGT Ravenna: in un blend seducente il Sangiovese, solco territoriale varietale, incontra il Cabernet Sauvignon, firma di struttura e complessità. Un equilibrio vincente che ha dato vita a un vino unico e distintivo. In seguito, dopo gli anni duemila, L'aggiunta di Syrah e Merlot, in piccole percentuali, ha arricchito ulteriormente la palette aromatica e strutturale del vino. L'idea di legare indissolubilmente un vino al suo territorio di origine, un concetto all'avanguardia per l'epoca, ha anticipato i tempi e ha influenzato l'enologia romagnola. Cristina è stata fra i primi a credere nella toponomastica territoriale. Con questo progetto prendeva forma un vino territoriale di stampo internazionale.
Nasce come interpretazione locale, anche prendendo spunto dal movimento del vino toscano, che si è rapidamente affermato come etichetta di spicco a livello nazionale, distinguendosi per personalità e capacità di competere con i migliori vini rossi sul mercato. La cantina ha selezionato alcune annate come particolarmente rappresentative per questo vino: 1990, 1995, 1997, 1998, 2001, 2006, 2008, 2011 e 2016. Queste vendemmie, probabilmente, hanno beneficiato di condizioni climatiche particolarmente favorevoli e di una vinificazione ottimale, esprimendo al meglio le potenzialità del terroir di Marzeno. L’attuale blend, in percentuali variabili, prevede: sangiovese (60-80%), cabernet sauvignon (10-20%), merlot e syrah (20-40%). Oggi la vinificazione avviene in parte in tonneaux da 500 litri e parte in acciaio, per preservarne la freschezza, mentre per l’affinamento è previsto un passaggio in barriques di rovere francese, nuove per il 20%, ed in minor parte di rovere americano e ungherese, per dodici mesi.
Tornato a casa soddisfatto da questa esperienza ho voluto rendere onore a Fattoria Zerbina, in particolar modo alla sua anima, Cristina Geminiani con uno stappo memorabile: Marzieno 1998, conservato con cura per parecchio tempo, acquistato da un ristoratore bassanese negli anni addietro. Ecco qui alcune note da umile bevitore, che fra naso e bocca, ci mette il cuore: cheers.
NOTE DEGUSTAZIONE - Marzieno 1998
Il tempo ha trasformato il sorso: la salinità accompagna un ingresso pieno e sferzante. Il palato è avvolto da un'ondata di succosità, con tannini setosi che scivolano piacevolmente. La lunghezza, in chiave persistenza, sembra non finire mai. In bocca è un ritorno continuo di spezie, frutti rossi, amarena in testa. Poi un leggero sentore di peperone verde, quasi a segnare il tocco elegante del cabernet sauvignon. Ancora spezie, tabacco, humus e in chiusura uno sbuffo mentolato, che tiene la beva piacevolissima dopo lungo tempo. L’evoluzione nel calice è evidente: cambia in continuazone, aggiungendo complessità. Amo definirlo un vino di ampio respiro internazionale, capace di navigare al fuori dai confini regionali tenendo alta, altissima, la bandiera di Romagna. In alto i calici. W Marzieno, il “marziano”, fra i precursori dello scacchiere di Romagna.
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